E' impazzita la maionese ... fosse l'unica! Masterchef e dintorni

Vi starete chiedendo cosa ci fa Carlo Cracco nel bagno.
Io, francamente mi sto chiedendo cosa ci fa Carlo Cracco punto.
Con il massimo rispetto per il professionista e la persona, è il personaggio che non comprendo. E non solo il suo. Sarà per la mia idiosincrasia all’argomento cucina. Sono l’unica donna al mondo che non sa cucinare, per scelta. Non mi piace, non godo dello sfrigolio dell’olio, del sapere la differenza tra composta e confettura, dell’impiattare nemmeno dovessi riprodurre un quadro di klint. Mi fa fatica pure lavare l’insalata, con i soldi del bimbi piuttosto ci andrei in vacanza e quelle che si sentono realizzate per aver scelto i pirottini giusti a me sembrano aliene. Ma passi la mia condizione di donna anomala, con la quale ormai convivo benissimo, passi pure che ormai in ogni programma si parli di pinzimonio, pasta brisèe, topinambour, fritti e soffritti, insomma uno spadellare infinito, e che il massimo a cui si possa aspirare sembri essere diventato non far smontare il soufflè, è tutta l’aspettativa attorno al tema che mi sconvolge.
Cuochi che non sono più tali, ma chef anzi master chef, maestri, re del cioccolato, boss delle torte, twitter star e persino sex simbol. Non si limitano più ad insegnarci ricette ma danno ordini, urlano, strepitano, rimbrottano, insultano concorrenti, buttano nel cestino piatti interi (che vorrei far notare essere cibo, lo stesso che in molti Paesi manca, cattivo quanto ti pare ma cibo), impartiscono consigli di vita, pontificano su guanciale e pancetta, sulla decorazione dei cup cakes, persino sullo sperma di squalo.
Il tutto con una autorevolezza, serietà e convinzione al limite della spocchia, a parer mio esagerata. Nemmeno si trattasse di fisica nucleare. Come se le stelle Michelin fossero equiparate al Nobel.
Sicuramente vi rendono giustizia, fama e soldi. Ma nulla di più. Non salvate vite umane. Sarà che mia nonna cucinava da Dio per truppe di gente affamata in tutta  tranquillità, senza tirarsela minimamente. Non si sentiva sto cavolo per la sua leggendaria parmigiana, anche se era la più desiderata da tutti. Cucinava bene e basta. Ed era normale. Cucinare e anche farlo ottimamente all’epoca non era considerato un superpotere. Faceva parte della vita. E invece adesso è tutto un delirio. Gente che corre, suda, si affanna per preparare un risotto nemmeno ne andasse dell’intero futuro, suo, di tutta la sua stirpe
e del genere umano. Concorrenti che tremano per il giudizio di chef pluristellati. Ebeti che piangono perché temono di averli delusi. Commercialisti, medici, avvocati, professionisti da cui ci si aspetterebbe quantomai un minimo di sangue freddo che vanno in crisi se bruciano il caramello. Secondo me tutta questa storia vi ha dato al
cervello, ma seriamente. Se uno reagisce così perché hai sbagliato cottura, se gli muore un parente che fa? Va bene essere bravi in qualcosa, avere una passione e portarla avanti ma state preparando cibo, buono, gustoso, prelibatissimo, il migliore  del mondo ma sempre di cucina si tratta. Non avete le sorti del mondo in mano, non siete dei falliti se impazzisce la maionese né dei geni se l’alta pasticceria come la fate voi non la fa nessuno.  Il mondo continuerà ad esistere comunque sempre allo stesso modo. Riscendiamo con i piedi per terra! Il mio è solo un consiglio, ovvio. Voi siete grandi, adulti e vaccinati e potete fare come vi pare. I bambini no purtroppo.
Si è vero, ad alcuni inspiegabilmente piacerà di più fare il tiramisù che giocare con gli amichetti, ma non vorrei dietro ci fosse lo zampino dei genitori. Perchè vista la bravura di questi pargoli che più che cuccioli di uomo sembrano umanoidi, mi sa che di parchi ne hanno visti pochi e di fornelli troppi. E pensare che un tempo se tuo figlio ti chiedeva di fare l’alberghiero ti prendeva un coccolone.  Capisco che in un mondo del genere, dove tutto è sovvertito, per far soldi ti arrabbatti come puoi, ma non ci vuole un pedagogo per capire che tanta competizione e stress non fa bene. Uno come Cracco ha l’esperienza anche per gestire anche orde di sciure in preda agli ormoni, ma i bambini no. A loro lasciamogli fare il loro di mestiere: giocare.







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