IL RODITORE

Termine di ispirazione romanesca per individuare quel tipo di persona che ha sempre la luna storta. Trae la sua origine in questo contesto dall’espressione “rodimento di …” (quel che viene dopo la tralascio ma è facilmente intuibile), tipico di una certa romanità colorita. Poco avrebbe a che fare con l’omonimo del mondo animale, se non per il continuo rumore fastidioso che esce dalla sua bocca. Solo che invece di uno squittio, irritante sì, ma più silenzioso, è una perenne lamentela, borbottio, urlo, parolaccia o imprecazione. Accompagnato da un ghigno ormai paretico, uno sguardo così accigliato che mi meraviglia riesca ancora a vedere e da un sempre, costantemente, imperituro pessimo umore. Inutile provare a scervellarsi sulle cause ancestrali di tanta gradevolezza, analizzarle, sviscerarle o dolersene. Non ci sono. Nessuno l’ha mai visto, non dico felice, ma almeno tranquillo. Lui è nato così. Scalciava e strepitava fin dal grembo materno e lo fa tuttora. Il più delle volte in maniera totalmente decontestualizzata. L’intensità dello sbraitare è identica sia che si tratti di un imminente attacco nucleare che di un cappuccino non schiumato. La tragedia sembra sempre di uguale proporzione. Il che oltre a farti salire il sangue al cervello (ma che cavolo di bisogno hai di urlarmi in faccia! Nemmeno fossi tua sorella. Che poi perché si dica così non lo so … ),  ti manda in confusione. Perché non sai quando preoccuparti. Come se non bastassero già la rottura di scatole e l’inquinamento acustico. Una sicurezza però te la da. Se un giorno dovesse accennare un sorriso è ora di pentirti di tutti i tuoi peccati perché è un attimo che si squarcia il cielo in due e quel che è fatto è fatto!  Il bello è che questo corteo di segni e sintomi viene magnificato da una catastrofica tendenza alla drammatizzazione. Contagiosa. Perché ne rende partecipe il mondo intero, conoscenti e non, amici, colleghi e passanti inconsapevoli. Non è che si eclissa nel suo umore nero, si rintana in casa, cambia stanza, chiude la porta, sbraita a bassa voce. No! Da solo che gusto c’è? Vuoi mettere rovinare la giornata al prossimo? Se drammatizzazione deve essere, che sia plateale. Non importa che tu ti nasconda, faccia finta di non sentirlo o strisci muro muro in silenzio fino alla porta tentando di scappare … lui ti bracca sempre. Che sia dal vivo e allora lo fa fisicamente, ti prende per un braccio o si para immobile di fronte ad ogni tua via uscita, oppure per telefono, ti chiama e tu non rispondi, ti manda un messaggio e non rispondi, allora ti manda una mail tanto prima o poi la leggi. E così, senza interruzione di sorta. Io ho imparato a non reagire per non alimentare il suo delirio. Soprattutto a non sdrammatizzare. Errore fatale. Come gettare acqua sui gremlins … l’incazzatura si moltiplica a dismisura. Ogni lotta è inutile perché il suo di bicchiere non solo è sempre mezzo vuoto, ma è pure rotto ed ogni commento diventa un ulteriore spunto per continuare lo snervante borbottio. Piuttosto sto zitta, solo per risparmiare energie perché tanto non se ne esce comunque. Anche se non gli dai spago, parla e urla, da solo piuttosto, ma non smette. Facendo finta che intorno a lui non ci sia nessuno. Un po’come i vecchietti che s’incantano criticando gli operai che lavorano. L’unica salvezza vera che hai, se puoi, è scappare. Perché più tempo rimani preda del suo vociare più senti crescere dentro te un’ansia refrattaria ad ogni psicofarmaco. Uno stress perenne in grado di angustiare ogni tua giornata, depredare ogni tua risorsa psichica e distruggere il tuo sistema immunitario. Se non puoi purtroppo devi mettere in atto delle tecniche di salvataggio alternative: respirazione yoga, tecniche di isolamento mentale, i pod a tutto volume, morte apparente. Qui quasi tutto ciò che ti viene in mente per salvarti non solo è lecito, ma è legittima difesa. Se non vuoi correre rischi però fai come me: un’inspirazione profonda, un enorme salvifico sti …  e riparti di slancio!



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